Con la manovra finanziaria il Governo ha apportato modifiche anche alla Legge 157 del 1992 che regolamenta il controllo della fauna selvatica. Le modifiche in questione vanno verso una maggiore possibilità di intervento, con anche un ampliamento dei soggetti autorizzati ad operare e l’adozione di un piano di gestione straordinario di durata quinquennale.
La principale modifica è quella che vede la possibilità di intervenire, qualora i metodi impiegati risultino essere inefficaci e previa autorizzazione di ISPRA, “anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto”. In questo contesto non viene più fatto alcun riferimento al “metodi ecologici” e, stando alla circolare interpretativa del Ministero, i metodi idonei verranno definiti attraverso l’interlocuzione con ISPRA. L’interpretazione della norma lascia intendere che, valutata l’inefficacia degli altri metodi si possa procedere con l’intervento mediante abbattimento o cattura e che l’inefficacia di un metodo, a seconda della situazione, potrebbe essere valutata anche su “carta” in base a dati statistici ed esperienziali.
Inoltre, sarà possibile coinvolgere nelle attività di controllo anche i cacciatori iscritti agli ATC delle aree interessate, purché questi abbiano frequentato i corsi di formazione organizzati a livello regionale. Similarmente potranno partecipare anche i proprietari/conduttori dei fondi in possesso di licenza per l’esercizio venatorio e che hanno frequentato i corsi. Stando a quanto si legge nel comma 3 dell’articolo 19, gli interventi potranno essere effettuati dai soli cacciatori iscritti ad ATC o CA delle aree interessate, escludendo di fatto tutti quelli che invece non vi sono iscritti. Inoltre, emerge la criticità relativa al controllo negli istituti faunistici privati, dove ai cacciatori non è richiesta alcuna iscrizione ad ATC o CA.
Per quanto riguarda la destinazione dei capi abbattuti viene solo specificato che questi devono essere sottoposti ad analisi igienico-sanitarie per poter poi essere destinati al consumo alimentare. Questo non aggiunge nulla in merito alla proprietà dei capi abbattuti né in merito alla standardizzazione delle procedure di ispezione sanitaria fra le varie regioni.
Al fine di fronteggiare l’emergenza dovuta ai danni causati dalla fauna selvatica il Governo ha inoltre incrementato di 500mila euro annui il fondo per i risarcimenti a partire dal 2023.
C’è infine molta attesa per capire quali saranno i contenuti del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica che dovrebbe essere adottato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore delle modifiche in questione.