Minuto davvero prezioso. Un’occasione unica per smettere di correre e ragionare.
Professore, infinite grazie della Sua disponibilità. Vorrei iniziare da “stai in gioia”. Un auspicio, un augurio. Ce ne dimentichiamo troppo spesso. La mattina quando vado al lavoro, come tutti, incontro tante persone. Forse una o due con il sorriso. Dobbiamo ripartire da qui?
“Direi proprio di sì, soprattutto riflettendo sul significato delle parole gioia e contentezza. Quest’ultima indica l’intenzione di porre dei limiti: chi si accontenta gode; gioia invece tende all’infinito ed è lì che dobbiamo guardare. È quello che ha consentito a voi toscani di creare l’Umanesimo ed il Rinascimento. Ed ho detto abbastanza”.
Manca la serenità non per sminuire i problemi, ma per affrontarli con buon senso e senza tendenze modaiole. Tutti con la testa nel telefono.
“Il telefono è comunque uno strumento che permette un contatto. Quello su cui riflettere sono i social. In quelle dinamiche non ci sono punti d’incontro veri. Negli Usa stanno già correndo ai ripari. Il contatto rimane fondamentale per la nostra società e quindi su questo dobbiamo insistere o meglio riposizionarlo al centro del nostro viver quotidiano”.
Il Suo percorso professionale e personale merita davvero un’attenta lettura. L’incontro con Don Benzi?
“L’incontro con Don Benzi mi ha caratterizzato tutta la vita. A 14 anni ho avuto la fortuna di fare questa conoscenza, una figura con una profonda cultura. Mi consegno un libro di Jacques Maritain; ho letto e riletto. Ma i primi tempi non capivo. Rassicurato da Don Benzi poi ho visto e compreso tutto. Passo decisivo. Da lui ho capito il primato del bene sul giusto e sul vero. Prima c’è il bene del prossimo, poi la verità e giustizia. Un insegnamento oggi ancora più vero di allora. Merita rifletterci”.
La persona al centro di tutto o di molto; forse abbiamo appaltato ad altri il benessere fisico ed interiore. Dovremmo ridiventare imprenditori di noi stessi, conoscere cosa ci succede intorno e nella quotidianità. Cos’è l’economia civile?
“È fraternità. Colei che agisce sui cuori delle persone. I fratelli si aiutano e perdonano. Una visione più ampia e superiore. Confrontandoci e lavorando con fiducia e sintonia tutto assume un colore diverso ed una concreta positività. Certo questo non esclude comportamenti non corretti ma ci si può sempre redimere. Le imprese questo lo hanno ben compreso e con i loro dipendenti lo stanno mettendo in atto con riscontri davvero inimmaginabili”.
Appunto il Welfare come pilastro di una sana crescita.
“Citavo le aziende perché si sono accorte che una sana collaborazione e vicinanza fa incrementare la produttività; insomma remare dalla stessa parte conviene di più a tutti. Metodi di controllo e verifica alla lunga sono perdenti. Nessun mondo idilliaco ma opportunità di crescita di bene comune”.
Cosa vuol dire essere presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali?
“L’incontro con quattro Papi; l’incarico di organizzare un convegno con economisti che hanno ricevuto poi il premio Nobel. La libertà che mi è stata data nel coinvolgere quelli più intelligenti senza guardare al loro credo. Un bellissimo insegnamento”.
L’agricoltura? Del nostro settore che idea si è fatto?
“Conoscerà un nuovo risorgimento. Il territorio, l’ambiente da chi possono essere gestititi e curati, se non dagli agricoltori? Una criticità è palese ed è ben visibile. Nel settore agricolo non ci possono essere 4 – 5 gruppi mondiali che condizionano la produzione di sementi e la vendita dei prodotti. Non funziona così. Aver pensato che era vincente un’agricoltura di finanza si è dimostrato sbagliato. La tutela del cibo, della salute sta nel Dna degli agricoltori. Vedete che sarà così”.
Pregiatissimo Professore, grazie del tempo che ha voluto trascorre con noi. Un esempio di coraggio e palese dimostrazione che la ricerca, anche interiore, porta sempre a vivere meglio.
A prestissimo
Il direttore,
Gianluca Cavicchioli