Troppe volte si è lamentato che in Italia manchi un centro che costituisca, per così dire, il cervello della viticoltura e dell’enologia italiana…Tale centro vuole essere appunto l’Accademia della Vite e del Vino.
Dal discorso inaugurale del I° Presidente – Giovanni Dalmasso (1950)
….Prego tutti accogliere il mio saluto et fervidi voti per il lieto successo manifestazioni associate tutte opportunamente intese ad incrementare apporto settore vinicolo et economia nazionale.
Luigi Einaudi
L’Accademia Italiana della Vite e del Vino venne costituita a Siena, su pro-posta del Comitato Nazionale Vitivinicolo, il 30 luglio 1949, con l’intento di dar vita ad un centro atto a promuovere il progresso vitivinicolo italiano. L’avvenimento venne sottolineato dal plauso ed incoraggiamento di eminenti uomini di governo e di insigni studiosi italiani ed esteri. Cosa assai nota, ma merita a parer nostro, di essere qui ribadita. Migliore apertura per parlare dell’Accademia della vite e del vino non avrei saputo o potuto trovare. Fa eco con lungimiranza e programmazione. Lo sapevamo fare, dobbiamo continuarlo a fare. Con questo diamo il benvenuto al Presidente dell’Accademia Prof. Rosario Di Lorenzo.
Impegnativo onere. Studiare, approfondire e divulgare. Mi permetto così di sintetizzare. Insomma guardare al futuro.
“Quello vitivinicolo è un comparto produttivo che deve rispondere ogni giorno a spinte forti e impegnative. Ha bisogno di studi e ricerche. E poi le innovazioni devono essere trasferite alla base. Per questo, in un’ottica che guarda al futuro, è fondamentale il ruolo dell’Università. Perché dobbiamo immaginare scenari nuovi e dobbiamo arrivarci preparati”.
Dovremmo fare tesoro delle nostre radici ed anche domandarci il perché di certe volontà così forti e determinanti. Oggi ne abbiamo ancora bisogno?
“Le radici sono fondamentali, rappresentano solidità per il sistema, per avere la consapevolezza del percorso fatto per arrivare a certi risultati. Ci vogliono analisi e attenzione per il passato e le nostre conoscenze. E per affrontare le nuove sfide occorre conoscere gli errori commessi”.
Dobbiamo raccontare chi siamo, cosa vuol dire fare viticoltura e qui da Voi abbiamo la possibilità di attingere a piene mani. Cosa racconta la nostra viticoltura?
“Racconta un comparto estremamente importante che ha contribuito alla crescita di tanti territori. E che oggi ha bisogno di tradizione culturale e innovazione”.
Di cosa abbiamo bisogno? Di credere ancor di più in noi stessi?
“Si certamente, abbiamo bisogno anche di credere in noi stessi. Ma anche di una ulteriore consapevolezza che quello del vino è un comparto fondamentale. E per questo dobbiamo tenere conto delle sfide come la sostenibilità e il cambiamento climatico e dare risposte concrete a queste problematiche sempre più attuali”.
I vigneti godono di buona salute? Ed i nostri vini?
“Sì, godono di buona salute. Ma devono affrontare le sfide della sostenibilità per mantenere i livelli raggiunti in questo momento. E devono affrontare le sfide che arrivano dal mercato che deve essere coniugato all’esigenza di un consumo consapevole, sempre più moderato. Dobbiamo avere bene in mente gli obiettivi che vogliamo perseguire”.
Tradizione ed innovazione, un connubio oggi più che mai vincente?
“L’innovazione di oggi sarà la tradizione di domani. Tutto il comparto ha bisogno di basarsi sulla tradizione e comunicarla in modo corretto. Le sfide richiedono tuttavia innovazione e il comparto è attento e preparato a questo”.
I vitigni nascosti e rivalutati. C’è ancora molto da fare? Condivide queste scelte?
“Certamente la biodiversità è una ricchezza dell’Italia, un valore importante che tanti altri Paesi ci invidiano. Noi abbiamo il maggior numero di varietà iscritte al Registro. La ricchezza varietale è un valore dato anche dai vitigni minori che però sono dotati di elementi in grado di rispondere alle sfide attuali come la resistenza o la tolleranza Per questo i vitigni minori sono importantissimi e sono una opportunità che va studiata bene”.
Vediamo molto interesse dei nostri giovani per questo bellissimo comparto. Riusciamo bene a formarli?
“Nel settore c’è presenza di giovani e il ricambio generazionale avviene con successo e dà ottimi risultati. Questo è la dimostrazione che quello del vino è un comparto vivo, vitale in grado di dare risposte a 360 gradi. Come il sistema universitario che offre competenze e formazione di grande livello. Ma anche come alcuni istituti tecnici dove si sono formati gli enologi che oggi rappresentano il vino italiano. Sono una tradizione da valorizzare, un esempio virtuoso che non deve essere dimenticato”.
L’Europa ci aiuta o ci limita?
“Prima di tutto dobbiamo ricordarci che in Europa ci siamo. Il comparto produttivo non può non avere chiare le linee guida europee soprattutto per quanto riguarda la commercializzazione e la riconversione. C’è da dire che alcune norme (come quella sulle etichette e il caso irlandese) sono riforme complesse e difficili. Per questo occorre essere presenti come Italia per far sentire la nostra voce come Paese. L’UE si confronta con esigenze diverse, quindi serve una appropriata mediazione”.
Un provvedimento da prendere velocemente?
“Puntare con estrema forza all’idea di dare valore ai territori viticoli, alle loro tipicità e alla loro storia. Occorre impegnare risorse sufficienti per fare innovazione e trasferirla in tempi rapidi. È fondamentale per mantenere in piedi il comparto”.
I prossimi progetti dell’Accademia?
“Alla sua costituzione lo scopo era di essere sede per dibattere e maturare opinioni e idee. E questo deve rimanere, un luogo di confronto dove organizzare eventi che possano determinare e favorire il confronto di idee anche diverse”.
Chi è Rosario di Lorenzo?
“È un Docente dell’università di Palermo che si è occupato di viticoltura da sempre, fin dalla tesi che aveva per argomento l’irrigazione. Ho avuto la possibilità di fare sempre ricerca nella viticoltura”.
Il Suo sogno nel cassetto?
“Da un punto di vista professionale è quello di avere un comparto vitivinicolo forte da riuscire ancora a essere innovativo, interessante per i giovani. Un comparto coeso con obiettivi condivisi e dove i vari segmenti vanno tutti in una stessa direzione. Perché questo è fondamentale per mantenere le posizioni di eccellenza che abbiamo a livello globale. Da un punto di vista personale vorrei una maggior giustizia sociale e un maggior rispetto delle idee di tutti”.
Voleva e non ha fatto?
“C’è poco rammarico. Dobbiamo sempre guardare al futuro con la consapevolezza che si impara sempre con il rispetto delle idee di tutti”.
Un carissimo saluto e ringraziamento per il tempo che ci ha dedicato. È solo un arrivederci; davvero bello poter fare qualcosa insieme. Ci proveremo.
Il direttore
Gianluca Cavicchioli