Sguardo proiettato al futuro: l’energia, colei che ha fatto cambiare il mondo. Vorremmo partire da qui ad interloquire con il Professor Davide Tabarelli. Fra cambiamenti climatici, pandemia e guerra tutti siamo diventati esperti di questa materia con le conseguenze che ben vediamo. Ad ognuno il suo?
“Tutti esperti del cambiamento, conoscitori dei massimi sistemi. Invece sono problematiche estremamente complesse e meritevoli di rispettose attenzioni”.
Il bombardamento cui veniamo sottoposti è significativo. Dobbiamo avere il coraggio di ascoltare, bene, chi è veramente deputato a dire la sua.
“Proprio così. Abbiamo la fortuna di avere esperti di clima, di geologia. Ma un conto è conoscere un conto sapere come affrontare le questioni poste”.
L’attuale politica energetica La convince?
“È attratta solo da vedute ambientaliste. Dobbiamo tener conto anche delle necessità economiche e di sicurezza. Ci dimentichiamo che l’Europa è deficitaria del 50 % della produzione e l’Italia del 70%. Non ultimo il prezzo, in Europa il costo dell’energia è superiore di tre o quattro volte a quello di altri stati. Negli Stati Uniti siamo intorno ad un quinto. Le nostre aziende non possono competere”.
Siamo troppo modaioli? La politica riesce a rimanere scevra dai condizionamenti mediatici?
“Non deve rimanere estranea. Dovrebbe guidarla. È doveroso ascoltare gli scienziati, chi ne sa davvero. Questo è doveroso e necessario”.
Le direttive europee la persuadono?
“Direi di no. Sono contrario. Il timore che si trascuri, come detto, la competitività e la sicurezza. Giusto lo sviluppo delle rinnovabili ma non possono e non sono la soluzione al problema”.
Vincoli ambientali, incremento del consumo di energia, nuove tecnologie. Riusciremo a risolvere questa espressione algebrica con un risultato consistente e duraturo?
“Non sarà duraturo. Certamente abbiamo ottenuto apprezzabili risultati. Lustri addietro la produzione delle rinnovabili era irrilevante oggi siamo a circa al 20%, ma da qui ad essere determinante ce ne passa”.
Forse la soluzione è un programma ampio nel quale far coesistere molte cose: tecnologia, educazione al consumo, progettualità e lungimirante programmazione. Nomisma energia, in una sola parola.
“Concordo. Con Nomisa abbiamo sempre fatto questo. Occorre maggiore realismo e larghe vedute. Ma siamo ancora troppo indietro”.
Vorremmo essere i primi della classe. Ma ne vale la pena?
“Ne vale la pena in parte. Tutto il mondo ci guarda, tutti si aspettano qualcosa dall’Europa. Dobbiamo sempre tener bene a mente lo sviluppo economico, i costi per intendersi, e la sicurezza”.
Non ci pare di ravvisare una sensibilità comune a questi temi, anche in Europa. Ma forse siamo noi. Il nucleare per esempio. La Francia ad un passo da noi, e l’esempio delle repubbliche baltiche. Ci sfugge qualcosa?
“Siamo un paese dove non si riesce a gestire queste cose. Queste lo si possono agevolmente fare nei paesi centralizzati, siano essi autoritari o ricchissimi. Diversamente trovare intese, comunità d’intenti, similari sensibilità è molto complicato, decisamente complicato”.
Ma è proprio vero che il futuro è fuori dall’Italia? Questo proprio non ci convince. Speriamo sempre che qualcuno o qualcosa risolva i nostri problemi.
“Tutti guardano al vicino, ma ricordiamo Enrico Fermi o cosa è successo a Larderello. Abbiamo fatto molto in passato e questo non succede per caso. In Italia ci sono eccellenze di livello internazionale, dovremmo essere capaci di valorizzarle e di prendere coscienza che non siamo secondi a nessuno, tutt’altro”.
Soddisfatto del suo lavoro?
“Si, sono molto soddisfatto, mi sento realizzato”.
Il prossimo progetto?
“Stiamo lavorando sul nucleare, potrebbe essere davvero una soluzione ai nostri problemi”.
Cosa proprio non tollera?
“Sono molto tollerante; anche con chi non la pensa come me. Prendo ad esempio i miei amici ambientalisti. In fin dei conti agiamo allo stesso modo, con lo stesso interesse e fine, quello di fare una cosa ben fatta; unica differenza che partiamo da visioni diverse tutto qui. Una oggettiva sintesi è la soluzione più soddisfacente”.
Un momento professionale che Le ha cambiato la vita o meglio gli ha fatto vedere quale prendere.
“La mia tesi di laurea. Già li ho avuto i primi convincimenti su quello che dovevo fare e così ho fatto”.
Davvero lieti della Sua compagnia. L’ascolteremo ancora con piacere ed interesse. Buon lavoro.
Il Direttore,
Gianluca Cavicchioli