Chi ragiona senza condizionamenti e con cognizione di causa già conosceva la risposta. E questo lo asseriamo da tempo.
“…dire 9 euro l’ora non significa nulla se non c’è la sostenibilità economica. Perché o sparisce il lavoro, o sparisce l’impresa o aumentano i prezzi. Non fare i conti con il mercato e fare le anime belle…”. Questo quanto affermato da Brunetta a margine della presentazione del documento sul salario minimo redatta dal CNEL.
Cos’altro aggiungere. Diremmo davvero nulla. Se non ricordare che la direttiva europea non impone l’obbligo di introdurre un salario “minimo legale”. Dobbiamo insistere sulla contrattazione collettiva, con i minimi salariali e che, questo sì, si raggiunga la completa applicazione della contrattazione collettiva. Ma a ben vedere oggi siamo davvero vicinissimi a questo obiettivo.
Le tariffe minime complessive di questi contratti “sorpassano” i parametri della direttiva europea, ad oggi calcolate da Istat tra i 6,85 e i 7,10 euro. Lo possiamo dire: il fenomeno della contrattazione pirata è davvero residuale. Ergo: il salario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni. Chi ha più buon senso lo usi!
Dobbiamo agire su altri sistemi, anzi dovremmo riscrivere nuove regole perché semplicemente, e da lustri, è mutato il mercato del lavoro. Ma serve coraggio, freddezza e lungimiranza. Basta con il gioco di rimessa, dei pannicelli caldi, e di una insopportabile ordinarietà. Le aziende ed i lavoratori lo dicono a gran voce e da tempo.