Abbiamo spesso parlato e discusso di clima, cambiamenti climatici, ragione, scienza e di interessi che poco hanno a che fare con il benessere del pianeta e dell’uomo. Vogliamo entrare ancor più nel merito accogliendo, e dando il benvenuto, al Professor Alberto Prestininzi.
Non ha certo bisogno di presentazioni ma, giusto per ricordare a chi ha poca memoria o è stato poco attento. Professore Ordinario di Geologia Applicata. Ha svolto la sua attività scientifica e didattica in varie università. Presso la Sapienza di Roma ha fondato e diretto per 15 anni Il Centro di “Ricerca Previsione, Prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici e Ambientali”. Ha fondato e Diretto, come Scientific Editor-in Chief, la Rivista internazionale Italian Journal of Engineering Geology and Environment. È stato Presidente della Commissione Nazionale Grandi Rischi del Dipartimento di Protezione Civile-Sezione Rischi Idrogeologici. È autore di oltre 200 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali. Per Rubbettino ha curato Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza (2022). Di questo ne abbiamo dato ampia diffusione nello scorso febbraio.
E allora, per iniziare, ci racconti chi è. Studio, ricerca, confronto aperto, passione. Tutte cose che riscontriamo nel suo “fare”. Ne conviene?
Vorrei intanto ringraziare un esponente importante come Lei di Confagricoltura per questo invito. Ritengo sia una grande opportunità poter scambiare con serenità costruttiva idee, vedute e soluzioni su temi come questi. Per uno come me che, per oltre 50 anni, ha svolto attività di ricerca e didattica nella più grande Università d’Europa, Sapienza Università di Roma, sul tema dei rischi naturali e antropici risulta alquanto incomprensibile l’eccesso di preoccupazione, addirittura per la sopravvivenza del pianeta a causa del cosiddetto riscaldamento globale: le variazioni di temperatura associate al clima per fortuna sono sempre state presenti e documentate ed è sono la testimonianza che il nostro è un pianeta vivo. All’interno del sistema solare, solo sul nostro avvengono questi fenomeni, mentre su altri pianeti non ci sono fenomeni riconducibili alle alluvioni.
Il nostro quotidiano è un continuo bombardamento di notizie, informazioni, annunci di imminenti catastrofi e fine del pianeta. La paura, le ansie la fanno da padrone. Sarà il caso di fermarsi, ragionare ed ascoltare chi può davvero parlare ed a ragion veduta?
Purtroppo, gli orientamenti che stanno emergendo, la cui fonte è spesso attribuita in modo arbitrario al mondo della ricerca, rischiano di diventare un boomerang sociale per le popolazioni. Da questo punto di vista vorrei invitare tutti a leggere una pubblicazione di alcuni importanti ricercatori che si occupano di comunicazione e che segnalano l’importanza e il ruolo di questo delicato settore nel trasferire alle popolazioni dati e informazioni. Per intendersi: Lewandowsky et al, scrivono: «È noto che l’esposizione ripetuta ad una «affermazione» aumenta la sua accettazione come vera… Una possibile conseguenza di tale ripetizione è l’ignoranza pluralistica…. È ovvio che una democrazia funzionante si basa su una popolazione istruita e ben informata». … Se una maggioranza crede in qualcosa che «di fatto» è errata, la disinformazione può costituire la base per decisioni politiche e sociali che vanno contro il miglior interesse di una società». Per un paese democratico questo aspetto è fondamentale. Rischiamo seriamente di andare fuori strada.
Alcune citazioni: “L’individuo più pericoloso per qualsiasi governo è quello in grado di pensare da sé”. “La scomparsa del senso critico costituisce una seria minaccia per la preservazione della nostra società. Rende facile ai ciarlatani imbrogliare la gente”. “Tutte le guerre sono combattute per denaro”. Niente di nuovo, purtroppo.
Purtroppo, stiamo assistendo all’abbandono delle tensioni positive partite immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La ricostruzione, l’impegno e la solidarietà dovute alle grandi sofferenze di quel periodo hanno portato, sino agli anni 80 del secolo scorso, allo straordinario sviluppo economico basato sulla conoscenza e sul lavoro. Oggi rischiamo di seppellire quel grande periodo di emancipazione e sviluppo. La trasformazione del sistema basato sulla economia del lavoro, che sta abbandonando il paradigma “distribuzione della ricchezza attraverso il lavoro” a favore di un sistema economico, basato sulla finanza, rischia di generare una distribuzione della ricchezza a favore di pochi gruppi che controllano, anche attraverso il controllo del sistema di informazione, la politica e lo stesso sistema delle democrazie, in particolare quelle occidentali.
“Dialoghi sul clima. Tra emergenza e Conoscenza”: un efficacissimo “sasso nello stagno”. All’orizzonte e nella penna ci sono nuove iniziative?
Questo volume, da me curato insieme a 16 scienziati e professori emeriti, è la prosecuzione di un percorso iniziato Italia nel 2019 con una petizione. Firmata da circa 180 scienziati e professionisti italiani è stata destinata ai vertici delle istituzioni. Il contenuto di questa petizione “non c’è nessuna emergenza climatica”, volge lo sguardo verso il problema vero: l’inquinamento. Parliamo di quello vero che sta sotto i nostri occhi. La soluzione di questo problema è possibile sfruttando la tecnologia che il mondo della conoscenza ha prodotto e ci mette a disposizione. La CO2, viceversa, non è un inquinante ma è il gas della vita, il cibo delle piante. È la base della vita iniziata 3.5 miliardi fa attraverso la nascita delle STROMATOLITI che attraverso la produzione della CO2 hanno dato il via al meraviglioso ciclo della vita attraverso la fotosintesi clorofilliana. Il mondo agricolo che partecipa attivamente al nutrimento di 8 miliardi di persone sul pianeta queste cose le conosce bene. Con il Libro DIALOGHI SUL CLIMA, uno dei più venduti dall’Editore RUBBETTINO, ho voluto lanciare non una sfida ma un appello. Dobbiamo dialogare utilizzando dati scientifici confermati dai fatti. Non possiamo continuare ad ascoltare nei media e leggere sulle migliori testate giornalistiche fantasiose ipotese, elargite a prezzi di saldo, da personaggi travestiti da scienziati che si cimentano in monologhi senza contraddittorio tra pari. La loro conclusione è sempre la stessa: avvisi minacciosi sulla fine del nostro pianeta. Il pianeta Terra non è mai stato così in salute. La massa vegetale è aumentata dagli anni 50 ad oggi del 30% come ben si rileva dai dati satellitari. Si mischiano le carte sovrapponendo l’inquinamento al clima. È scorretto. La CO2 non è un inquinante è altra cosa, mentre l’inquinamento da noi prodotto può essere eliminato con azioni semplici. Il gruppo Internazionale CLINTEL (www.clima.org) con oltre 2000 scienziati mondiali continua a fare appelli e, partendo dalla petizione italiana, ha lanciato una Dichiarazione all’ONU “There is no Climate Emergency”, firmata dai 2000 scienziati, compresi tre premi Nobel. Noi aspettiamo sempre che coloro che portano avanti queste ipotesi siano disposti ad un confronto vero, in aule universitarie. Li abbiamo sempre invitati ma il loro rifiuto è stato sempre perentorio, preferiscono il monologo fatto di minacce apodittiche da recitare davanti a giornalisti compiacenti delle Tv e dei giornali. L’altro punto importante da rilevare è la narrazione degli eventi estremi, con la siccità, alternata ad eccessi di acqua. L’Italia è uno dei paesi più piovosi d’Europa: La media di pioggia degli ultimi 30 anni è di 282 miliardi di metri cubi/anno, difronte ad un consumo di Prelievi idrici in Italia (ISTAT) di 18 miliardi m3/anno. (Uso potabile 2,4 miliardi m3/a, Uso irriguo 11,6 miliardi m3/a, Uso zootecnico 0,3 miliardi m3/a, Uso industriale 3,7 miliardi m3/a). Gli agricoltori, per primi, fanno affidamento sulla periodicità e sull’ordinarietà delle stagioni; le coltivazioni ne seguono le evoluzioni. Ma qui, forse, abbiamo poca memoria. In fondo è sempre stato così.
L’agricoltura ha sempre avuto bisogno di acqua. Non è certo una novità, da quando si è iniziato a coltivare. Perché non riusciamo a programmare interventi? Abbiamo tanta acqua e la perdiamo. Dove stanno le motivazioni?
Noi non programmiamo la costruzione di dighe dal 2000. L’Italia, con la sua dorsale appenninica, ha tutti i requisiti per realizzare queste straordinarie opere che potrebbero garantire:
- elevatissime riserve d’acqua per 365 giorni l’anno;
- laminare le piene e scongiurare i danni connessi all’alto livello di rischio idrogeologico con 2,5 miliardi di danni/anno e migliaia di morti;
- produrre elevate quantità di energia elettrica pulita e rinnovabile.
Per tutto questo dobbiamo farci una domanda allora, forse, troveremo la risposta.
Una domanda sul “ponte dello stretto” non può mancare. A che punto siamo?
Come è accaduto in passato negli anni 60’ con l’Autostrada del sole, accadrà nei prossimi anni quando questa straordinaria opera consentirà al nostro paese, compreso il meridione, di assumere un ruolo centrale, propulsivo-economico, dell’area compresa tra l’Africa e l’Europa. Non ho ancora ascoltato nessuno dei tanti “profeti” che teorizzavano l’inutilità dell’Autostrada del Sole per l’Italia. Né incontro tanti però che sfrecciano su questa infrastruttura con le loro auto, lamentandosi che questa si interrompe subito dopo Napoli senza proseguire per tutto lo stivale.
Davvero grato della compagnia. È certo che ci rivedremo presto, molto presto.
Il Direttore,
Gianluca Cavicchioli