La legislatura regionale sta volgendo al termine e l’occasione è propizia per commentare questi anni impegnativi con Stefania Saccardi, vicepresidente e Assessora della Regione Toscana. Benvenuta e grazie per la sua disponibilità.
Allora, da dove iniziare. Intanto, l’assessorato all’agricoltura: è stata un’esperienza intensa e gratificante?
Assolutamente sì, pur con la complessità di questo settore, esposto come tutti alla congiuntura economica e, in modo pesante, ai cambiamenti climatici a 360 gradi con i problemi che ne derivano, ho sempre ritenuto questa delega una grande e appassionante opportunità. Ogni venerdì è dedicato al territorio, mi sposto dalla costa, alle zone interne, alle montagne per vedere con i miei occhi quello che spesso non riusciamo a cogliere da una mail o dai dati statistici. Questo mi ha dato modo di conoscere più a fondo lo splendore e la qualità della nostra regione, la passione di centinaia di imprenditori e di donne e uomini che ci lavorano, di scovare angoli tanto nascosti quanto stupefacenti del nostro paesaggio, di conoscere storie bellissime, fatte di coraggio, di tenacia e di creatività e, non ultimo, di assaggiare prodotti eccellenti. Ditemi se questa non è una fortuna e una gratificazione.
Un legame tra il comparto agricolo e la politica. Impegnativo, severo, ma anche ricco di opportunità da trasformare in risultati concreti.
L’assessore è prima di tutto un politico e fare politica significa, come dico sempre, fare scelte. Le scelte per l’agricoltura si fanno ogni giorno, quando si decide per esempio come orientare i fondi e le risorse. Uno degli indirizzi che credo abbia definito il mio mandato in questa legislatura e su cui abbiamo investito molto è la spinta che abbiamo impresso al biologico. E infatti oggi con orgoglio possiamo dire che la Toscana è la terra del biologico con il 37,5% di superficie coltivata con certificazione bio, un valore molto superiore rispetto alla media italiana (19,8%), e ampiamente sopra la soglia del 25% fissata dalla strategia Farm to Fork dell’Unione Europea per il 2030. Altro aspetto che mi sta a cuore e su cui abbiamo destinato risorse è il benessere animale, cioè sosteniamo gli allevatori toscani che adottano metodi che migliorano il benessere psicofisico degli animali. Così come stiamo investendo per trasferire innovazione al comparto agricolo in quanto elemento indispensabile di competitività per il futuro, perché siamo consapevoli che l’agricoltura è una componente importante della strategia di specializzazione intelligente della Toscana.
Tra transizione ecologica e sfide quotidiane, forse serve anche un po’ di buonsenso?
Il buonsenso è un ingrediente indispensabile nella vita oltre che nella politica e nella gestione della cosa pubblica, va da sé che però ci sono questioni spesso troppo grandi per le quali il buonsenso, che io senza falsa modestia credo di avere, non basta. La transizione ecologica è una di queste, perché agricoltura e ambiente vanno di pari passo: l’agricoltore è il primo a subire le conseguenze del cambiamento climatico, quando un frutteto viene distrutto non ci vuole un mese, ci vogliono anni e anni per rivedere i primi frutti. Il cambiamento climatico influenza direttamente e indirettamente la produzione agricola e gli agroecosistemi. Gli impatti diretti riguardano i cambiamenti nella fenologia e nei calendari, lo spostamento delle aree coltivate e la perdita di suolo, le variazioni nell’approvvigionamento idrico e nella domanda di irrigazione, così come l’aumento dei livelli di CO2 rallenta la crescita delle piante. Poi ci sono gli effetti indiretti, come l’aumento di parassiti, di malattie, di specie invasive ed eventi meteo estremi come grandinate, calore intenso, gelate. Le ripercussioni della crisi climatica sulla produzione agricola possono generare conseguenze economiche e sociali sia per il settore stesso che per la sicurezza alimentare, incidendo poi su commercio, redditi agricoli e prezzi alimentari. E’ chiaro che il Green deal non ha gambe senza gli agricoltori. Quindi nei prossimi decenni l’agricoltura dovrà affrontare enormi sfide per realizzare un modello che sia ambientalmente sostenibile ed economicamente redditizio per chi la pratica: una sfida non facile che comporta modifiche politiche, gestionali e tecniche.
C’è un provvedimento o un progetto che le piacerebbe ricordare e sottolineare?
Ce ne sono tanti. Ma visto che siamo nel periodo, vorrei citare l’olio, per il quale abbiamo fatto, se così si può dire, un New Deal dell’olivicoltura toscana, un vero e proprio piano di rilancio. Uno dei progetti che abbiamo candidato per il PNRR riguarda infatti proprio l’olio. Dalle piante dei vivai, alla piantumazione, fino al prodotto finale e alla sua commercializzazione. Vogliamo che l’olio diventi un attrattore come il vino toscano. L’obiettivo a cui teniamo maggiormente è diffondere la cultura e l’impiego degli oli extravergini di oliva di qualità certificata. Ne voglio citare un altro. Nel 2024 abbiamo destinato quasi 2 milioni nell’ambito del Complemento di sviluppo rurale 2023/2027 per la tutela delle specie locali a rischio estinzione e a sostegno degli attuali 206 Agricoltori custodi che si sono impegnati a conservare circa 235 varietà locali a rischio di estinzione della Toscana. Gli agricoltori custodi sono figure centrali per l’agricoltura e l’ambiente, s’impegnano in attività di tutela del territorio, come la manutenzione del paesaggio, la custodia della biodiversità e la lotta al dissesto idrogeologico. La loro presenza è fondamentale, radicata nel territorio, garantiscono con il loro lavoro la tutela degli habitat e degli ecosistemi minacciati.
Il nostro slogan include tre parole: impresa, tradizione e innovazione. Un triangolo vincente. Condivide?
Assolutamente sì. Le imprese devono essere la summa di tradizione e innovazione, altrimenti non stanno in piedi. Tradizione e innovazione sono i temi fondamentali che si pone quotidianamente la stragrande maggioranza delle imprese, due aspetti che sono chiamati a “camminare” insieme, ma che spesso faticano a viaggiare all’unisono. Il nostro compito è unire le forze, fare di tutto per permettere che il mondo della tradizione, i piccoli ‘pianeti’ popolati dagli agricoltori, si incontrino con i grandi fautori dell’innovazione, per creare un connubio che cavalchi l’onda del futuro della produzione Made in Italy.
Le scelte coraggiose sono quelle che cambiano le dinamiche aziendali e impegnano il futuro. Se dovesse indicarne una, quale sceglierebbe?
L’agricoltura di precisione. Stiamo diffondendo buone pratiche di agricoltura di precisione grazie a un bando attuativo dell’intervento con una dotazione finanziaria di 2 milioni e 500 mila euro, nell’ambito del Feasr – Piano Strategico della PAC (PSP) 2023-2027. L’intervento vuole proprio promuovere l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione e destina fondi agli agricoltori che si impegnano ad adottare almeno una pratica di agricoltura di precisione per una produzione sostenibile. Così gli imprenditori agricoli potranno esercitare un maggior rispetto degli agroecosistemi e dei cicli naturali, come anche indicato nelle “Linee Guida Nazionali per lo sviluppo dell’Agricoltura di Precisione in Italia”. Puntiamo a ridurre quantitativamente gli input chimici e idrici utilizzati per le produzioni agricole e quindi migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse per la sostenibilità della produzione agricola. Si riduce in questo modo il rischio di inquinamento e di degrado dell’ambiente connesso all’uso dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti e si promuove l’uso razionale dell’acqua per l’irrigazione.
Tra calcio e mare, meglio la campagna?
Mi prende su questioni di cuore troppo difficili da mettere in una graduatoria: la Fiorentina da un lato, e conoscete la mia passione da tifosa viola, il mare dall’altro che adoro e dove spesso scappo e mi rilasso, e la campagna a cui dedico il mio lavoro, le mie energie, i miei pensieri e dove sto bene. Diciamo che è una triplice che fa parte della mia vita adesso.
Cosa non si può tollerare?
L’ignoranza e la cialtroneria.
C’è un momento che le torna spesso in mente?
Tutti quei momenti nei quali ho visto volti degli agricoltori e degli allevatori scoraggiati per la distruzione del loro lavoro, che fosse per eventi climatici o per fitopatie o per i selvatici e per i predatori.Ogni volta ho affrontato la loro disperazione con la consapevolezza di non aver spesso a disposizione reali strumenti di aiuto e sostegno. Abbiamo fatto molto ma niente può compensare la scomparsa di coltivazioni o animali ai quali si è dedicato tempo, passione e competenza.
Davvero piacevoli questi momenti.
È solo un arrivederci…Per ora grazie!
Il Direttore,
Gianluca Cavicchioli