I temi della sicurezza alimentare e della transizione ecologica sono stati di recente al centro di due consessi internazionali.
In India, il 20 aprile, si sono riuniti gli esperti scientifici in rappresentanza dei Paesi che compongono il G20. A conclusione della sessione, è stato diffuso un comunicato nel quale si afferma che ricerca e innovazione sono gli strumenti più efficaci per fornire a livello mondiale “cibo sano e in quantità adeguata”. A tal fine, “è essenziale migliorare la produttività agricola, proteggendo allo stesso tempo la biodiversità”.
L’obiettivo della “crescita sostenibile della produttività” è richiamato anche nel documento finale della riunione dei ministri dell’Agricoltura che si è tenuta in Giappone il 22 e 23 aprile. In considerazione dell’aumento della popolazione mondiale e della necessità di conseguire la neutralità climatica – si legge nel testo – “risulta cruciale aumentare rapidamente la sostenibilità dell’agricoltura e dei sistemi alimentari in modo compatibile con l’aumento della produttività”. A tal fine, sono necessari maggiori “investimenti pubblici e privati a sostegno della ricerca e delle innovazioni”.
Alla luce delle prese di posizione appena riportate, la nuova PAC – in vigore dal 1° gennaio scorso – è vistosamente inadeguata nei confronti delle sfide in atto che, secondo gli esperti scientifici del G20, sono “le più difficili da sempre”.
La nuova PAC è viziata da un errore di fondo. Considera l’agricoltura come un sistema unico senza sostanziali differenze al proprio interno. In effetti, solo un numero limitato di imprese produce per il mercato e per rifornire di materie prime le industrie di trasformazione. Le altre strutture svolgono un ruolo fondamentale ai fini del presidio e della conservazione del territorio.
Lo scorso febbraio, la Corte dei Conti ha diffuso la relazione sui rapporti finanziari con la Ue nel 2022. Per quanto riguarda gli aiuti disaccoppiati della PAC, la relazione mette in evidenza che “a fronte di circa 800 mila domande processate, oltre la metà ha ad oggetto un contributo rientrante nella soglia di 1.250 euro all’anno”. Il contributo medio è di 662 euro.
Risulta di tutta evidenza che è indispensabile un cambio di rotta, per dare seguito alle indicazioni che arrivano dai più autorevoli consessi internazionali. Servono interventi specifici per le imprese che, producendo per il mercato, sono aperte alle innovazioni. E sono in grado, con adeguati incentivi, di sostenere gli investimenti necessari per la sicurezza alimentare e per la crescita sostenibile della produttività.
E’ nelle situazioni di grande incertezza come quelle in atto che servono cambiamenti profondi e lungimiranti.