L’occasione è davvero ghiotta per parlare di agricoltura, di ambiente e soprattutto di “strane” ingerenze che il nostro comparto deve sopportare ed anche superare. Entriamo dunque nel “vivo”.
L’agricoltura Italiana gode di buona salute? Ed i nostri imprenditori, sempre caparbi e capaci?
“Dal mio limitato angolo di visuale colgo il fatto che abbiamo dei buoni imprenditori ma che si sta facendo di tutto per cercare di demotivarli. In tali condizioni il rischio concreto è che i migliori abbandonino il settore e che al loro posto subentri una categoria iper-assistita e con scarsa propensione al rischio e all’innovazione”.
Stiamo pian piano “digerendo” la nuova Pac. Cosa ne pensa?
“Penso che la politica agricola di un attore di primaria grandezza sulla scena globale come l’Unione Europea (primo produttore mondiale di frumento a pari merito con al Cina, terzo produttore mondiale di mais dopo Usa e Cina) dovrebbe essere fondata sull’attenzione alla sicurezza alimentare interna e globale. A tale obiettivo, che ci venne additato dai padri fondatori con i trattati di Roma del 1957, l’Unione è clamorosamente venuta meno con la politica del Farm to Fork (F2F) che si cala nel più ampio contesto del Green deal. F2F infatti mina la sovranità alimentare dell’UE tramite l’aumento delle superfici a biologico del 9 al 29%, biologico che ad esempio nel caso del frumento produce 1/3 rispetto al convenzionale. Al riguardo ricordo che un giovane agricoltore francese che aveva convertito la propria azienda cerealicola al biologico, in un’intervista televisiva ebbe a dire quanto segue: “mio padre su questo metro quadrato di terreno produceva la granella necessaria per 3 baguettes (il tradizionale pane francese) mentre io produco granella per una sola baguette ma lo Stato mi paga ed io non mi lamento”. Ma vi pare sensata una tale politica, che è in sostanza una forma più evoluta di set aside? In tal modo si affiderà la sicurezza alimentare dell’UE a paesi terzi con tutta una serie di ricadute negative globali sul piano ambientale (la sostenibilità globale dell’agricoltura subirà sensibili contraccolpi negativi, nel senso che in altri paesi del mondo si disboscheranno terre per nutrire noi europei) ed economico (aumento dei prezzi sul mercato globale con aumento della difficoltà ad approvvigionarsi da parte dei Paesi in via di sviluppo). Queste critiche sono state oggetto di un preoccupato articolo uscito nel 2020 sull’autorevole rivista scientifica Nature[1] e sono state ribadite in report tecnico-economici partoriti dal Ministero dell’Agricoltura statunitense (USDA) e dall’interno della stessa Unione europea (Centro Comune di Ricerca di ISPRA, Università di Wageningen e Università di Kiel). A fronte di tali evidenze ci vuole un coraggio da leoni (che è forse il coraggio dell’incoscienza) non solo per fare “orecchio da mercante” ma anche per rincarare continuamente la dose. A quest’ultimo proposito ricordo che l’UE si propone oggi di:
– effettuare un taglio orizzontale del 60% nei consumi di fitofarmaci senza in alcun modo distinguere agricolture come quella italiana nelle quali viticoltura, orticoltura e frutticoltura hanno peso rilevantissimo rispetto ad agricolture del Nord Europa ad orientamento cerealicolo ed in cui le necessità di fitofarmaci sono di gran lunga inferiori. Peraltro alla saggia richiesta giunta da più parti di modulare i tagli in funzione delle specificità dei singoli contesti nazionali la UE ha risposto che non è in grado di condurre studi specifici sui singoli Paesi.
– equiparare le aziende zootecniche al di sopra dei 350 capi a stabilimenti industriali, interferendo così con quell’aumento di dimensioni che è alla base non solo di una maggior sostenibilità economica ma anche di una maggiore sostenibilità ambientale.
Al termine di questa ‘filippica’ ci tengo a precisare che se un imprenditore agricolo trova nella nicchia del Biologico una soluzione valida per la propria azienda (come può accadere per alcune aree e alcuni ordinamenti aziendali, più spesso nell’ambito di filiere ‘corte’) è pienamente giustificato a perseguirla, purché lo si faccia con serietà (come fanno tanti produttori del Centro Italia). Diversa dovrebbe però a mio avviso essere la posizione di un’Unione Europea, che è chiamata a ragionare di sicurezza alimentare interna e globale. Il caso dello Sri Lanka, ove la transizione forzata al biologico imposta dagli sciagurati governanti di quel Paese ha provocato una crisi alimentare senza precedenti, dovrebbe indurre tutti noi a riflettere”.
A parer nostro, i rappresentati in seno all’Europa, non hanno ben saputo difendere e far conoscere le nostre necessità ed intendimenti, a partire dagli albori dell’allora MEC. Ne conviene?
“Non credo che i rappresentati in sede politica debbano essere dei super-esperti e in tal senso ritengo quantomeno improbabile che un ottimo chirurgo possa rivelarsi un buon Ministro della sanità. Penso però che un responsabile politico abbia il dovere di circondarsi di esperti veri e debba assumersi l’onere di coordinarli per non perdere di autorevolezza. Abbiamo privato i nostri produttori delle tecnologie più aggiornate (biotecnologie in primis) costringendoli ad affrontare i propri competitor ad armi impari. In cambio di ciò si elargiscono sussidi mortificando le capacità innovative e auto-propulsive dei nostri imprenditori”.
Ma è solo imperizia, oppure ci sono altre questioni?
“Penso che l’agricoltura abbia perso da tempo la propria centralità non solo su piano tecnologico ma anche su quello culturale. EXPO 2015 è stata l’impietosa cartina di tornasole di tale condizione: fra gli ‘ambasciatori di Expo’ non c’era un imprenditore agricolo e nemmeno un agronomo o un perito agrario. In compenso vi erano astronauti, filosofi, chef stellati e tutto quel sottobosco contro cui 2000 anni orsono si era scagliato Lucio Giunio Moderato Columella, massimo agronomo dell’epoca imperiale romana e lontano anni luce dal potere, tant’è vero che dedicò il suo trattato, il De re rustica, al proprio vicino di casa, Publio Silvino.
Invito peraltro il lettore a restare attenzione al fatto che In questa intervista mi permetto di fare molti richiami storici: il nostro settore agricolo è infatti erede di 7000 anni di storia (tanto ci separa dall’arrivo dell’agricoltura in Italia) e personalmente sono convinto che l’agricoltura si difende anzitutto riaffermandone il primato culturale. Infatti senza l’agricoltura e il commercio che curano il rifornimento di cibo non ci sarebbero le città e verrebbero a mancare molti dei presupposti che sono alla base di società compresse come la nostra”.
Il tema dell’ambiente domina oggi ogni scenario: domestico, istituzionale e politico. Possiamo iniziare a parlare di calcio e ci ritroviamo a disquisire di CO2. Ma sono così cattive le umane genti?
“Oggi dovremmo erigere un monumento a Nicolas Théodore de Saussure, il grande scienziato elvetico che nel 1804 dimostrò in modo rigoroso che le piante si nutrono della CO2 atmosferica. Invece il politicamente corretto ci impedisce perfino di parlare della fotosintesi, per paura di dover ammette che l’agricoltura assorbe molta più CO2 equivalente di quanta ne emetta o se preferite che la zootecnia, che dell’agricoltura è componente essenziale, emette solo una piccola parte della CO2 equivalente assorbita dall’agricoltura con la fotosintesi.
De Saussure, come scrive nell’introduzione al suo trattato ‘Recherches chimiques sur la végétation’ pubblicato a Parigi nel 1804, condusse le sue ricerche a vantaggio nell’agricoltura e così hanno fatto tanti illustri scienziati come Johannes Gregor Mendel, Giusto Liebig, John Lawes e Henry Gilbert. Oggi dobbiamo essere degni di questa eredità scientifico-culturale e avere fiducia nella scienza. La scienza ci dice che l’agricoltura è una forma evoluta di gestione del ciclo del carbonio tramite il processo di fotosintesi e ci invita a valorizzata in questa chiave. Ma cosa vuoi aspettarti da un sistema che, come nel caso della Germania, chiude le centrali nucleari per compiacere gli ambientalisti, in barba al fatto che l’energia viene prodotta in quelle centrali senza emettere neppure un grammo di CO2?”
Altra questione il clima, il meteo. Esiste l’ansia da cambiamento climatico. Anche qui, tutti esperti come in tempo di pandemia. Ma in ballo c’è il nostro futuro non solo agricolo. Sarà mai possibile fare confronti sani e costruttivi?
“Fin dalle scuole primarie si racconta ai bambini che il mondo sta per finire e che ciò sta accedendo per colpa nostra. Da un po’ di tempo in qua li si fa marciare per il clima il che evoca in me sinistri ricordi della crociata dei fanciulli de 1212. Siamo davvero sicuri che questo si il modo per educare le giovani generazioni a costruire un futuro migliore? Io credo di no. Abbiamo davanti a noi l’esempio immortale di Galileo Galilei che proprio alla meteorologia oltre che all’astronomia applicò la sua nuova scienza, fondata sulle osservazioni e sulle misure. Le misure ci dicono ad esempio che nel bacino del Mediterraneo l’intensità delle precipitazioni è stazionaria nel 92% delle stazioni meteorologiche, aumenta nel 4% e diminuisce nel restante 4%. Perché non si trova un media disposto a veicolare tali evidenze, peraltro messe nero su bianco nell’ultimo report dell’IPCC, e tutti si riempiono la bocca di ‘bombe d’acqua’?”.
Eppure l’agricoltura, concretezza ed esperienza millenaria, ci insegna proprio questo. Possibile che non ricordiamo cosa abbiamo passato?
“Columella, nell’incipit al suo De re rustica, polemizzava con gli uomini più illustri del suo tempo scrivendo che ‘Spesse volte mi capita di sentir incolpare delle scarse rese delle colture ora l’infecondità delle terre ora le intemperie del cielo, già da gran tempo ai raccolti nocive. Queste ragioni, o Publio Silvino, fermamente ritengo esser molto lontane dal vero’. Penso che oggi si dovrebbe ripartire da Columella, oltre che da Galileo”.
Ovviamente anche la mancanza d’acqua, forse, è colpa dell’agricoltura e delle attività antropiche. Facile verità da veicolare, quasi un dogma. Dobbiamo ancora prendere contezza di questo stato di cose? Ci dia una speranza.
“Personalmente penso che si debba puntare sui giovani, che abbiamo la responsabilità di educare in modo non ideologico. Su questo occorre a mio avviso far propria la frase di Thomas Wolsey, cardinale nell’Inghilterra di Enrico VIII, il quale in un discorso agli educatori ebbe a dire: ‘state bene attenti a quel che mettete in quelle teste, perché poi sarà ben difficile levarglielo’. Da parte mia cerco di insegnare che l’innovazione nella genetica e nelle tecniche colturali è essenziale per mantenerci sostenibili sul piano ambientale e che inoltre ci vuole la sostenibilità economica e quella sociale. Con 12 milioni di ettari di SAU in Italia c’è spazio per produzioni di nicchia per un pubblico d’élite e per produzioni di massa per i molti concittadini per i quali la sicurezza alimentare si declina anzitutto sul piano economico: cibi di buona qualità e a prezzi contenuti”.
Un curriculum corposo e prezioso; non si è davvero annoiato. Il prossimo progetto?
“Come docente di agronomia all’università di Brescia cerco di lasciare una piccola ma concreta eredità culturale, cosa su cui mi sto impegnando da tempo anche come direttore del Museo di Storia dell’Agricoltura e come Vice Presidente della Società agraria di Lombardia (SAL), un’accademia agraria nata nel 1861. In questi ambiti cerco di operare per ricreare un legame fra città e campagna fondato su basi realistiche. Oggi infatti i cittadini (che poi sono coloro che esprimono le classi politiche che ci governano) percepiscono l’agricoltura in modo del tutto irrealistico e questo è all’origine di molti dei mali che oggi affliggono il nostro settore primario. Portare il cittadino a toccare con mano cos’è l’agricoltura e sottrarlo ai miti degli ‘antichi saperi’ o del ‘naturale’ è un obiettivo per il quale vale la pensa di sacrificarsi”.
Un suggerimento che si sente di fare al Ministro Lollobrigida.
“Tempo fa come Società agraria di Lombardia, il Presidente Favio Barozzi ed io ci permettemmo di dare alcuni consigli al Ministro in tema di sovranità e sicurezza alimentare. Tali consigli uscirono sulla newsletter dell’Istituto Bruno Leoni del 29 ottobre 2022 ed è possibile leggerli sul sito della Società agraria di Lombardia a questo indirizzo: http://www.agrarialombardia.it/wp-content/uploads/2022/10/Sovranita-o-sicurezza-alimentare-.pdf “.
Che dire, abbiamo abusato oltre modo del Suo tempo. Ma la curiosità fa piacevoli scherzi. L’aspettiamo nuovamente fra di noi, a parlare di agricoltura e di buon senso.
Un carissimo saluto e ringraziamento.
Il Direttore,
Gianluca Cavicchioli
[1] Fuchs R., Brown C. E Rounsevell M., 2020. Europe’s Green Deal offshores environmental damage to other nations. Nature 586, 671-673, 2020. Il lettore noti l’icastico titolo traducibile in “Il Green Deal europeo trasferisce i danni ambientali ad altre nazioni.”